venerdì 12 febbraio 2016
Storia di un uomo in guerra- Chiamato al servizio di Leva nel 1933-Internato Militare Italiano dal 1943 al 1945
L'ALTRA RESISTENZA
Corradetti Mario nato a Montottone il giorno 30 ottobre 1913-Morto a Montottone il giorno 31 dicembre 1986
Prigioniero di guerra in vari campi di concentramento nazisti in Germania tra cui lo Stalag X-B di Sandbostel e il campo di concentramento di Wietzendorf X-B/Z che tra il 1943 e il 1945 era campo satellite dello stalag XB di Sandbostel.
Chi arrivava come internato in autunno veniva
registrato con la Sigla XB.
Wietzendorf tra il 1943 e il 1945 ha cambiato più volte denominazione.
La memoria ritrovata degli Internati militari italiani nei campi di concentramento nazisti in Germania.
Seicentomila ''NO''
A cura di Rossano Corradetti
Mario Corradetti, medaglia d'onore 27 gennaio 2016 Giorno della Memoria.
Concessa dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Croce al Merito di guerra.
Diploma d'Onore ''Non Collaborazionista'' concesso dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini.
Soldato di leva a Bologna , il 7 luglio del 1933 con Matricola 19515 .
Chiamato alle armi l'8 aprile 1934 nella 6a compagnia di Sanita' ed aggregato al 36 Reggimento Fanteria di Modena per la prima istruzione.
Rientrai al corpo come soldato scelto in detto ordine della Direzione militare di Bologna e
terminai di fare il servizio di leva per altri tre mesi con il tredicesimo Fanteria e
finito il serzio militare, partii con l'ospedale da campo numero 539 da Bologna città in cui ero stato assegnato alla compagnia di Sanità, partii per il fronte e fui destinato in Africa Orientale .
Imbarcato, Si parti da Napoli, insieme ad altri compagni per combattere in Africa Orientale. Il viaggio fu lungo nove giorni, attraversammo il Mar Rosso ed il canale di Suez per arrivare all'una di notte a Massaua. Una breve sosta e la mattina seguente eravamo in viaggio per Decamere' per poi proseguire per la citta' di Saganeiti. Rimasi in Eritrea due anni fino alla fine della guerra nel 1937 e congedato ritornai in Patria.
Felice di essere ritornato in Italia,dopo appena due anni fui richiamato alle armi nel 1939 e inviato sul il fronte Greco-Albanese.
Partii con la divisione Pinerolo da Bari con destinazione Durazzo. Mi trattennero in guerra per altri quattro anni e mentre mi trovavo l'8 settembre del 1943 Larissa (Grecia) con il 18.o reggimento di Artiglieria,venni fatto prigioniero.
In Grecia ero con 11*Armata comandata dal Generale Vecchiarelli con sede del comando ad Atene.
Il 3 settembre in una località tenuta segreta avvenne la firma dell'Armistizio.
L'8 settembre 1943 fu reso noto l'Armistizio,alle ore 18,30, la notizia fu data dal generale Eisenhower tramite radio Algeri e alle 19,42 ci fu la conferma dell'Armistizio con il proclama da parte del Maresciallo Badoglio.
Il Maresciallo Badoglio con insensibile tranquillità mise in conto all'atto dell'Armistizio la prigionia di guerra per centinaia di migliaia di suoi connazionali.
Così le Forze Armate Italiane furono abbandonate.
Le truppe italiane furono colte di sorpresa e del tutto impreparate e quasi prive di direttive.
Appena il generale Vecchiarelli ricevette l'annuncio dell'armistizio di Cassibile firmato dal generale Giuseppe Castellano per conto di Badoglio , Walter Bedell, futuro direttore della CIA a nome di Eisenhower, il Generale inviò nella serata dell'8 settembre un telegramma a tutti i comandi a lui sottoposti con la seguente direttiva ''Se tedeschi non faranno atti di violenza, truppe italiane non rivolgeranno armi contro di loro.
Truppe italiane non faranno causa comune con i ribelli, ne con le truppe anglo-americane che sbarcassero.
Reagiremo con la forza at ogni violenza armata. Ognuno rimanga suo posto con compiti attuali''
Inizio' subito il reclutamento da parte dei tedeschi.
Insistenze continue e promesse di libertà.
Le Pressioni venivano fatte anche ai nostri comandanti.
Se i responsabili italiani non riuscivano a convincerci a consegnare le armi entro un termine stabilito dal comando tedesco, i nostri superiori erano passibili di fucilazione.
Parlare degl' Internati Militari Italiani nei campi di concentramento nazisti in Germania prigionieri del Terzo Reich, significa raccontare il loro dolore e i patimenti inflitti dai loro aguzzini, guardiani e sorveglianti.
La scelta del SI o del NO alla collaborazione era importante per la nostra vita. Con il ''SI''eravamo liberi con il NO ci aspettava la sofferenza le angherie, i maltrattamenti.
ERO ED ERAVAMO CONSAPEVOLI DELLA SCELTA.
Vi furono dei compagni che scelsero di collaborare e dissero SÌ.
Da un calcolo pare siano stati sui 180.000 i collaborazionisti. Furono liberati e lasciarono i lager,altri accettarono di lavorare ed adoperarsi come ausiliari al servizio dei tedeschi, altri ancora premiati con il rientro in Italia.
I volontari e i fedeli all'alleanza della prima ora non trascorsero nessun giorno di prigionia e furono rimandati a casa.
Chi decise di collaborare, addirittura non vide mai un campo di concetramento e neppure si resero conto di cosa fosse la prigionia.
La vita che attendeva agli I.M.I. non si prospettava affatto facile pur essendo coscienti per aver detto ''NO''
Il ''NO era ancora più motivato per gli inganni subiti da Hitler e Imler.
I mesi passavano nei campi lentamente, tra marce, raduni e la fame, le malattie rendevano ogni giorno più pesante la permanenza . A Sandbostel e Wietzendorf venivamo sollevati moralmente da altri compagni che si dedicavano alla recitazione, alla poesia , alla musica.
Era un modo piacevole anche se il sorriso era difficile il più delle volte da esternare per i vari acciacchi e pensieri perché ancora non si vedeva la fine di questo incubo e per il ritorno in Italia che sembrava lontano e impossibile.
In quei campi e sottocampi ho avuto modo d'incontrare persone come Gianrico Tedeschi, Giovannino Guareschi, Alessandro Natta e molti altri bravi,sensibili e meno noti militari.
Dopo il crollo della Germania Nazionlsocialista alcuni dei sopravvissuti pubblicarono le memorie e le esperienze nei Lager.
Alessandro Natta autorevole esponente de P.CI. al ritorno dal campo di prigionia scrisse un libro che purtroppo la casa editrice del suo partito non gli pubblicò.
Il libro dal titolo ''L'altra Resistenza fu pubblicato qualche anno più tardi dalla casa editrice Einaudi.
**''Nel suo libro Natta dedica un pensiero ai morti e ai vivi di Wietzendorf e a tutti i compagni sepolti nei cimiteri dei campi di concentramento nazisti.
Ai vivi perché hanno conosciuto e ricordino il volto odioso del nazismo e del militarismo tedesco .
Ai giovani che non hanno vissuto quell'esperienza, perché sappiano quale somma di sacrifici, quale prezzo di sangue è costata la Libertà e l'indipendenza della nostra vita per la nascita della Repubblica, la difficile pace dell'Italia e del mondo''**.
*''Dalla ricerca sugli I.MI. scaturisce una documentazione e una memorialistica più completa per gli ufficiali ⁸che per quella dei sottufficiali e soldati di truppa.
I tedeschi dopo aver imprigionato migliaia di uomini, istituirono
*Una commissione mista italo-tedesca che avrebbe provveduto ad arruolare gli ufficiali internati e tutti gli ufficiali interessati a questa selezione e si sarebbero dovuti presentare quanto prima al capo della Direzione Affari Generali del comando della Wehrmacht a Berlino il generale Hermann Reineche.
Ai sottufficiali e militari di truppa avrebbe invece provveduto una commissione tedesca con il concorso e ciò precisava le disposizioni fino ad allora emanate di elementi italiani incaricati di appoggiare l'azione di propaganda svolta nei Lager d'internamento in Germania
C'è da notare che il 16 ottobre 1944 fu deciso di creare con carattere d'immediatezza uno Stato Maggiore Italiano a Berlino formato da circa 25 ufficiali e retto da un Generale posto alle dirette dipendenze della Wehrmacht con compiti di natura amministrativa e organizzativa.
*''Hitler e i vertici della Wehrmacht impartirono verso gli I.M.I. Una serie di ordini criminali che non potevano trovare in alcun modo una pur minima giustificazione.
Non si tratto' infatti di una reazione commisurata alla situazione, bensì alla vendetta.
*''Vi furono degli internati che scelsero di collaborare anche per una certa affinità ''Ideologica'' con il nazismo.
Non furono pochi i soldati che dissero ''SI''anche per motivi di opportunismo *''
La scelta del ''NO'' degli IMI per Pier Luigi Bertinaria negli atti del convegno di studi di Firenze il 14 e 15 novembre 1985 afferma ''che quella scelta fu prima di carattere politico .
La scelta del ''NO'' derivò anche a costo della vita, della dignità umana, dall'onore militare e dall'onore per la Libertà ancorché diversamente intesa negli animi dei singoli.
La dignità di essere e sentirsi uomini, di essere e sentirsi soldati-Questa fu la priorità di quella scelta''.
GLI internati militari italiani hanno avuto il coraggio di dire e ribadire alla Wermacht il loro ''NO'' Pur essendo consapevoli di quello che li aspettava.
Non hanno scelto vie di fuga per andare in altri teatri di guerra.
L'Internamento come prigionieri senza diritti della Convenzione di Ginevra e senza la tutela della Croce Rossa Internazionale , lo hanno dovuto fare tutto, senza sconti e senza saltare in altri teatri di guerra.
Appunto oggi si commemorano i morti e si ricordano tutti i ''NON COLLABORAZIONISTI ''
*Sandbostel Lunedi 29 aprile 2019.
*''Gerard Schreiber scrive che l'8 settembre 1943 l'Italia si ritirò dal conflitto.
Fin dalle ore successive all'Armistizio migliaia di soldati italiani vennero disarmati e catturati dai soldati tedeschi.
Ebbe così inizio per Ufficiali, Sottufficiali e soldati italiani un calvario nei campi di prigionia della Wehrmacht.
Ma anche questo è il destino dei soldati.
Non si configurava come un fatto eccezionale dal momento che ogni guerra può significare anche morte o prigionia.
Ben presto appare però chiaro che gl'italiani dietro il filo spinato tedesco erano prigionieri di guerra del tutto particolari.
Sembra che nel comportamento verso gli italiani si manifestassero sentimenti e risentimenti condizionati sia dalla storia, sia da criteri di ordine razziale.
''TRADIMENTO ''
Nel settembre 1943 i risentimenti mantenuti in vita dopo il 1918 investì in pieno gli INTERNATI MILITARI ITALIANI, scatenando ancora una volta un odio profondo fra tedeschi e italiani.
Dopo mesi di prigionia nel marzo del 1944 in seguito di una protesta del Capo Ufficio Assistenza degli Internati militari italiani e civili i vertici della Wehrmacht si videro costretti a proibire l'uso del termine ''Badogliani''rivolto ai soldati Italiani perché ritenuto''Oltraggioso ''.
Considerati gli' I.M.I. Dai tedeschi come ''Traditori '' avendo tradito ''la causa del genere umano ''si erano estromessi dalla ''comunità umana, quindi meritavano di essere accomunati agli Ebrei considerati dai nazionalsocialisti ''feccia dell'umanità''.
Nel 1944 fino a settembre del 1945 ero ancora in Germania da un campo all'altro di concentramento.
L'insistenza alla collaborazione era ancora in atto e si faceva sempre più insistente . Ma la risposta ''NO'' era sempre ferma.
Il mangiare scarseggiava e il fisico cominciava a debilitatarsi. Pare che dalle stime fatte il 10% dei militari italiani non fecero ritorno e siano deceduti nei campi nazisti. Ogni giorno pensavo all'Italia e al rientro
Oltre al fisico deperito, anche il morale cominciava a risentirne.
Nel campo di Sandbostel e di Wietzendorf c'erano compagni militari molto in gamba, sia dal lato umano, intellettivo e pratico
Venivamo a conoscenza di molte notizie dell'Italia e non solo.
Ne venivamo a conoscenza, perché diversi militari internati ingegnosi, riuscirono a costruire una radio chiamata ''Radio Caterina''.
Il giorno della cattura dissi subito ''NO''ALLA Wehrmacht e venni fatto prigioniero.
Dopo varie pressioni per aderire alle richieste naziste, dissi ancora ''NO''
Non collaborai e il mio rifiuto da "Non collaborazionista"mi costo' caro,perche' il giorno 9 settembre1943 fui fatto prigioniero e deportato in Germania. Ci fecero salire su carri ferroviari, carri di bestiame e stipato insieme ad aĺltri compagni fummo trasportati in Germania.
Durante il tragitto per dormire si dormiva in piedi e per i bisogni mi sentivo in difficoltà e imbarazzo, ma bisognava pur farli. Dal 10 settembre 1943 inizio' un vero calvario, da un campo all'altro.
Fui internato in vari campi di concentramento tra cui Sandbostel con il numero d'identificazione 192792 e il grandissimo campo di concentramento di (Wietzendorf) insieme a circa tremila compagni di sventura , dal settembre del 1943 all'agosto del 1945. Stremati dalle sofferenze,dalla fame,dal freddo invernale,vedevo giorno dopo giorno morire molti miei compagni stroncati dalle malattie. Eravamo prigionieri senza diritti e senza la tutela della Croce Rossa Internazionale.
Che orrore! Ho passato momenti terribili! "Non so nemmeno io come ho fatto a salvarmi''.
Gli Internati Militari Italiani sia in guerra, sia nella prigionia che al ritorno in Patria certo non furono trattati bene.
Nei lager come prigionieri non potevamo avere nessun contatto con la popolazione tedesca.
Nei campi si poteva arrivare fino ad un certo punto, un limite contrassegnato, se si passava il limite stabilito la sentinella dalla torretta faceva fuoco per uccidere.
Un compagno per essersi esposto di poco fu ucciso immediatamente.
Nonostante le sofferenze nei campi di concentramento nazisti sia per il modo in cui ci trattavano, ma anche per le temperature invernali dove dal tetto bucato entrava la neve, la pioggia e a basse temperature si formavano i ghiaccioli ''SI RESISTEVA''.
In generale anche durante l'anno per molti giorni si stava male per l'umidità.
Sia nel campo di concentramento di Wietzendorf, che quello di Sandbostel situati nella bassa Sassonia tra Amburgo e Hannover,
erano umidi e melmosi era faticoso tirare spesso il carro ''M'' Per trasportare e scaricare i liquami della fossa biologica.
*'' Di quanto stava accadendo gli stessi nazisti affermavano di vedere uomini che si trascinavano come scheletri umani o segnati da edemi di fame,o che avevano perduto l'uso della parola, istupiditi in conseguenza della prigionia *''
Nonostante tutto la massa dei soldati italiani disarmati, i prigionieri senz'armi ebbero la forza di resistere alle offerte e alle pressioni.
Il dramma degli IMI che vissero quel terribile inferno inizia con l'Armistizio dell'8 settembre 1943 con un esercito allo sbando nei vari campi di guerra perché implicava molte vittime.
I sopravvissuti e ancora in possesso delle proprie facoltà mentali e fisiche poterono narrare i fatti accaduti in prigionia.
I loro ricordi, le loro testimonianze sui campi dove sono stati, le sofferenze patite sono testimonianze di inestimabile valore storico.
Dai racconti si evince una mancanza di sentimenti e di un accanimento e disprezzo per la vita da parte dei loro aguzzini nazisti indescrivibile.
Ogni tanto raccontavo ai miei figli quando ci siedevamo a tavola dopo pochi anni dalla fine della guerra mentre mangiavamo e loro dicevano che non gli piaceva quella pietanza, minestrina , fettina di carne.
Io li guardavo e dicevo loro che da mangiare:
poi non sempre ai tempi della prigionia, avevo solo bucce di patate e brodaglia di rape.
Dei trascorsi in guerra e della prigionia nei parlavo poco.
Ne parlavo poco anche con gli amici perché sembrava un argomento da non affrontare.
Un argomento che creava imbarazzo.
**''La ragion di stato affosso' la storia degl'I.M.I e la ignorava perfino la gente, i media, ancora oggi la scuola.
Eppure eravamo stati in 600.000 a dire ''NO''.
Furono d'altra parte ibernate ''nell'armadio della vergogna'' Cefalonia, le stragi dei civili e i crimini di guerra nostri e dei tedeschi in Italia e all'estero -quindi niente scuse agli I.MI. E alle vittime e omertà sulle colpe per non doverle risarcire!
La maggior parte degli Internati militari italiani , gia' traumtizzati dai Lager e ora anche delusi, si ammutolirono anche in famiglia.
Ne gli italiani vollero sapere, ne i media, la grande editoria e i partiti vollero parlare e mettere in luce l'argomento I.M.I
Subito dopo la guerra era un momento particolare e la storia sugl'I.M.I.
Non faceva notizia''**
Tanti mesi erano passati e dalle notizie di Radio Caterina speravamo che presto si arrivasse alla liberta' era l'anno 1944.
La fine dell' estate era sempre un dramma perché ci avvicinavamo al freddo invernale.
Ho passato momenti disperati, la fame,il freddo e le malattie non davano tregua.
Molti compagni non c'è la facevano e morivano di stenti.
In Bassa Sassonia era molto freddo e umido.
Nonostante cio'eravamo arrivati all'inizio del 1945.
Ero un po' malandato ,però riuscivo a recuperare.
Ormai eravamo arrivati ai primi di aprile il tempo era più mite e clemente.
Si parlava molto tra compagni. Pare ci fosse la sensazione che qualcosa di nuovo stesse per accadere.
Si sentivano gli aerei volare,erano aerei degli anglo-americani .
''Bombardavano''
'' Mio Dio'' morire proprio adesso per mano amica!!!
Nel campo di Wietzendorf c'era molta frenesia. Era un susseguirsi di voci che affermavano che eravamo vicini alla liberazione.
Infatti poco dopo arrivò.
*L'ordine del giorno della Liberazione
Ufficiali, Sottufficiali, soldati italiani del campo di concentramento di Wietzendorf!
SIAMO LIBERI
Le sofferenze di 19 mesi di un internamento peggiore di mille prigioniero, s ono finite.
Abbiamo resistito nel nome della Patria.
Siamo degni di ricostruire.
Ufficiali, Sottufficiali, soldati italiani!
Ricordiamo i morti, morti di stenti,ma fieri nelle facce sparite, sotto gli abiti a brandelli,con una fede inchiodata alta come una bandiera.
Salutiamo la Patria che risorge,che niente dobbiamo far risorgere.
Viva l'Italia!
Viva le nazioni alleate.
Il Comandante
Ten. Col. PIETRO TESTA.
Un giorno bellissimo che ricordo e' stato quello quando arrivarono a liberarci gli anglo-americani.
L'intezione dei tedeschi era quella che mentre battevano in ritirata volevano bruciare il campo di concentramento di Wietzendorf e uccidere tutti i prigionieri.
Gli alleati essendo venuti a conoscenza delle intenzioni tedesche intimarono loro di non farlo altrimenti avrebbero bombardato la sede del comando di Amburgo e Hannover.
L'ordine di distruggere il campo non venne eseguito e fummo salvi. Prima di essere completamente liberi passavamo ancora da un campo di concentramento all'altro
Dopo vari mesi di peregrinare . Eravamo partiti dai campi con i convogli ferroviari e strada facendo con camion e mezzi di fortuna.
Fui liberato per il rimpatrio il 19 agosto 1945 e avevo a disposizione 60 giorni di viaggio.
La precedenza per il rientro in Italia era data ai feriti e agli ammalati gravi.
Dopo molti giorni di viaggio ero stanco ma felice per il ritorno in Italia.
Ormai eravamo vicini all'Italia.
Io con i miei compagni sentimmo parlare non ancora un chiaro Italiano.
Qualcuno ''Si''parlava italiano altri in tedesco.
Al solo sentire l'accento tedesco mi venivano i brividi.
Si udirono delle voci concitate e qualcuno disse''Siamo in Italia ''
Scendemmo dai camion, dai vagoni ferroviari.
Ci portarono ai controlli medici e facemmo provviste.
Avevamo transitato a detta di molti compagni in Brennero per arrivare a Merano e a Bolzano.
Chiedo a Bolzano notizie di qualche amico che era arrivato in città con i convogli precedenti mi dissero che Giuseppe e Riccardo, amici con cui avevo condiviso quasi tutta la prigionia erano stati ricoverati, non c'è l'avevano fatta.
Erano morti in uno degli ospedali della città
''Ero rimasto in silenzio, impietrito''
Nei giorni successivi si pensava di arrivare il più presto possibile a casa.
Dopo visite ospedaliere ed interrogatorio
Sì riparti con mezzi di fortuna.
Eravamo arrivati in Italia
'*SALVI *
Dopo una lunga odissea, ero
''LIBERO LIBERO LIBERO ''
Era il 20 ottobre 1945.
DA UN RACCONTO DI MARIO CORRADETTI AI NIPOTI.
*Ricerca dedicata a mio padre Mario e a mia madre Vera.
Spero che i miei figli e i miei nipoti possano ampliare la ricerca e correggere un domani i miei eventuali errori.
Cav.Corradetti Rossano.
Bibliografia
*''Gerhard Schreiber dal libro''Stato Maggiore dell'Esercito (Ufficio Storico )
**''Alessandro Natta ''L'Altra Resistenza ''
***''Dai Seicentomila ''No'' Kaplan Torino.
''Stalag = campo d'internamento per sottUfficiali e truppa.
''Oflag = Campo per Ufficiali.
Documenti originali degli Archivi tedeschi. Berlino.
Fermo 20 marzo 2019
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